mercoledì 18 febbraio 2015

The XX - Coexist (2012)

Un disco immobile, potremmo giudicare.
Soprattutto rispetto al primo, più scatenato (ironica a pacchi, lo so), omonimo.  
Tutto qui è riflessivo, distante, apatico. Una continuazione verso il lato più intimo di quelli che l'esordio suggeriva, insomma.
Il tanto clamore che avevano suscitato nel 2009 li ha lasciati intelligentemente intatti (non volevano fare mica la fine dei Bloc Party!).
Ce li vedo gli XX fermi, immobili, ognuno a suonare il proprio strumento (magari a turni), a cantare la propria parte, guardando in basso mentre parlano d'amore (tutte le canzoni lo fanno), il più emozionante dei sentimenti.
L'emozione di essere apatici (NON RUBATEMELA).
Oh, io mi ci rispecchio alla grande quindi voto già che per me Coexist sarà nelle classifiche del mio anno.
Anche perchè questo è un discone in quasi tutto. 
Le canzoni ci sono (nella monotonia del cantato della band che cazzo se risulta irritante) ma soprattutto nella produzione di Jemie XX che con questo disco si inventa come portare i suoni malati degli ultimi anni londinesi (dubstep, what else?) in una dimensione patinata e perfetta per essere fruita da tutti. 
Non calcando la mano, giocando per accompagnamenti lievi e soprattutto facendo gran parte nella prima metà dell'album (che noi giovani d'oggi a mezz'ora d'ascolto fisso non c'arriviamo). 
Che i ritmi deep che partano a metà di Swept Away sono perfetti ma vuoi mettere i suoni di una Chained con quel suono liquido?
No, un album che visto a quasi 3 anni di distanza ha fatto scuola soprattutto nella parte più nascosta di sè ma anche in quella meno intima.
Bellissima incrongruenza in un album bello già di suo.

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