Nei giorni scorsi si è festeggiato l'ottantesimo anniversario della nascita di Piero Ciampi e Livorno, la sua amata città (in quante sue canzoni si può sentire il freddo nel Porto di notte o l'arsura ispida delle spiaggie rocciose di quella costa) è arrivata a dedicargli una giornata.
Un motivo per essere felici e tristi nello stesso istante.
Felici perché, se siamo qui a parlarne, significa che alla fine al cantautore toscano è stato riconosciuto per quello che era: una dei più grandi interpreti della musica italiana del '900. Sicuramente in ritardo ma si sa che la grande musica sfugge alle banali leggi del tempo.
Tristi, invece, perché a ricordare la sua nascita ci ricordiamo anche della sua prematura morte, a 46 anni, solo e mai-ricordato.
Chissà cosa ci avrebbe ancora regalato se i suoi eccessi non avessero accompagnato l'indifferenza che il pubblico relegava alla sua musica.
E ascoltatevelo Piero Ciampi, voi che vi dichiarate innamorati, perché nessuno (e, ripeto, NESSUNO) ha parlato di un sentimento così grandioso come l'amore in maniera così misera.
E viceversa.
Anzi, soprattutto, viceversa.
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